RICERCA:

La ricerca del talento può avvenire attraversa un circuito funzionale composto da tre fasi: identificazione, selezione e sviluppo. (Williams e Really, 2000)

  1. IDENTIFICAZIONE: tra i giocatori di calcio colui che presenta potenzialità sopra la media nell’abilità e nelle competenze; questo è compito dell’esperienza e della competenza di allenatori e osservatori (Talent Scout). Il calciatore è osservato e analizzato durante la gara che è l’ambiente ideale per la valutazione anche se avversari, sistema di gioco, condizione psicofisica, variabili del match possono influenzare l’oggettività del giudizio. (Vaeyens et al, 2008). Questi processi di identificazione devono essere continuamente aggiornati. I parametri attraverso i quali avviene la scelta del giocatore di talento devono essere convalidati, confermati e avvalorati come i criteri il più possibile indicativi e appropriati per questo compito.
  2. SELEZIONE: consente di scegliere uno o più atleti per mezzo dei criteri sopra citati.
  3. SVILUPPO: Lo sviluppo del talento è un processo a medio-lungo termine che gli permetterà attraverso l’insegnamento del tecnico di esprimere e realizzare a pieno il suo potenziale.

ricerca del talentoFigura 1 Fasi della ricerca del talento e fasce di età.

Praticamente, una volta individuato il soggetto, occorre aspettare un periodo di tempo necessario per la conferma di certe prestazioni, quindi selezionarlo e mettere in piedi meccanismi promotori del suo sviluppo tecnico (Williams e Franks, 1998)

 

 

METODI DI INDIVIDUAZIONE:

Lungo il percorso che dalla scoperta conduce alla manifestazione del talento si possono verificare i danni maggiori. E’ infatti una strada irta di numerose difficoltà, ciascuna delle quali merita di essere affrontata con attenzione. Infatti un approccio sbagliato al problema talento può dare luogo ad un effetto boomerang, laddove la ricerca di un possibile campione può essere, invece, causa dell’abbandono dell’atleta.

I metodi di individuazione del talento maggiormente utilizzati hanno previsto, sempre, due diversi tipi di procedure:

  1. La scelta tra molti soggetti sulla base di caratteristiche particolari.
  2. La supposizione che i soggetti selezionati fossero più adatti per certe attività rispetto ad altre e più di altri

Sulla base di queste procedure si è sempre lavorato su un’ampia base di praticanti, attraverso la promozione delle diverse discipline.

La ricerca spasmodica di incremento di praticanti ha determinato un abbassamento dell’età della pratica sportiva: infatti, non essendo possibile coinvolgere un maggior numero di bambini, a causa sia del calo demografico che, dell’incremento della offerta di molte discipline sportive, una volta sconosciute, la ricerca si è spinta nelle classi di età inferiori, determinando la tendenza all’avvio precoce.

L’altro aspetto riguarda la specializzazione che si è ricercata a seguito dell’eccessiva rilevanza che si è data alla prestazione, a causa della difficoltà di creare obiettivi parziali, coerenti ma distinti dall’obiettivo prestativo principale.

Il questo contesto la prestazione di gara è diventata il “target” fondamentale degli istruttori; dirigenti, genitori e gli stessi ragazzi ruotano in una logica che non è formativa, ma essenzialmente prestativa.

La selezione dei futuri atleti è quindi avvenuta prevalentemente sulla base di due meccanismi:

  • I risultati delle competizioni: per cui vengono favoriti i giovani che hanno un maggiore livello di allenamento specifico, rispetto a coloro che, pur avendo un maggior talento, hanno un minor livello di padronanza delle abilità specifiche.
  • La crescita: per cui sono favoriti i giovani con uno sviluppo accelerato, rispetto a chi è dotato di talento, ma con uno sviluppo normale o addirittura ritardato.

Da qui scaturiscono i fenomeni negativi della specializzazione precoce e dell’unidirezionalità dell’allenamento, determinate dal miglioramento immediato della prestazione di gara.

Per evitare questi tipi di problemi, è opportuno che, nel rapporto tra multilateralità e specializzazione, le scelte metodologiche tengano conto dei seguenti aspetti:

  1. Il tempo ridotto che i giovani hanno per l’apprendimento dei fondamentali e per lo sviluppo dei presupposti della preparazione.
  2. L’esecuzione dei movimenti, che è l’unica via per memorizzarli a livello cognitivo.
  3. La tipologia dello sport praticato, secondo le diverse caratteristiche e fasi di specializzazione.
  4. La ricchezza dei fondamentali, funzionale allo sviluppo delle capacità motorie, in particolare di quelle coordinative.
  5. Le motivazioni interne ed esterne alle prestazioni.

Per l’identificazione del talento vanno individuati i criteri di scelta di un possibile talento, che dipendono dal sistema dei requisiti richiesti da un determinato sport. Occorre definire il modello di prestazione dello sport, partendo dall’attività giovanile ed arrivando ai massimi livelli sportivi.

Le direzioni d’intervento, possono essere le seguenti:

  • Individuare il livello e lo sviluppo delle capacità motorie prevalentemente richieste dalla disciplina sportiva, nelle diverse fasi di sviluppo.
  • Stabilire il ritmo di incremento nell’apprendimento individuale di abilità specifiche.
  • Analizzare la stabilità nel tempo delle prestazioni, rispetto ai modelli evolutivi.
  • Conoscere le caratteristiche psicologiche, relativamente alle motivazioni, alla capacità di concentrazione e alla socializzazione del giovane.

Sulla base del confronto con il modello della disciplina, in particolare nel caso di parametri che hanno un riferimento qualitativo (test, indici di prestazione), gli studiosi indicano il concetto di soglia, cioè le prestazioni minime, che un giovane dovrebbe ottenere nel corso degli anni per poter aspirare” ad essere considerato un talento.

Come incentivo e, nello stesso tempo, come verifica, si può adottare il metodo dei brevetti, stabilendo dei valori limite che di volta in volta vengono raggiunti e che danno quindi diritto ad un riconoscimento formale e sostanziale (solitamente si indicano i nomi animali adatti ad uno sport. Ad esempio nell’atletica leggera: la lepre, la gazzella, il ghepardo, etc.). Per ogni soggetto è quindi possibile confrontare costantemente i risultati dei test di valutazione motoria e sportiva con quelli normativi.

Analogamente ciò può avvenire anche per i parametri di tipo qualitativo.

Il riferimento può essere costituito da progressioni didattiche che sono elaborate sulla base dell’esperienza e dei modelli di riferimento della disciplina e attraverso le quali si stabilisce, sulla base dell’esecuzione tecnica di una determinata serie di abilità o di fondamentali, il livello di apprendimento raggiunto, anche in questo caso riconosciuto attraverso un brevetto.

Le caratteristiche da seguire, nella manifestazione del talento sono le seguenti:

  1. Maggiore reazione agli stimoli di allenamento, per cui il giovane talento ottiene risultati migliori a parità di allenamento;
  2. Reazione positiva a stimoli di intensità superiore;
  3. Applicazione corretta e creativa delle tecniche, anche in condizioni mutevoli;
  4. Selezione personale dei problemi (molto importante per i giochi sportivi, vale a dire per le attività sportive di squadra);
  5. Notevole capacità e rapidità di apprendimento.

Occorre considerare con particolare attenzione soprattutto gli aspetti legati alla personalità, particolarmente orientata allo sport e sostenuta da un’adeguata base motivazionale, e le caratteristiche ambientali e sociali come scuola e famiglia, che hanno una parte fondamentale nella vita di un giovane individuo. Un ruolo fondamentale è dato dal livello culturale degli operatori e dalla formazione degli allenatori, il cui ruolo è di consentire la diffusione dei principi teorici generali che sono alla base dell’allenamento giovanile e che possono determinare una adeguata impostazione già nel tessuto delle società sportive.

Il talento, come abbiamo visto, è un individuo dotato di un complesso di capacità tali da fornire prestazioni mentali e fisiche nettamente superiori alla media, ma che devono ancora manifestarsi.

E’ noto, che nei primi anni di età (fino a 10-12 anni), la pratica sportiva concepita in forma unilaterale accelera la specializzazione delle funzioni motorie e può quindi “coprire” delle doti eccellenti, ma non ancora sviluppate, esaltandone altre di minore importanza per la disciplina e per il soggetto. Inoltre, la correlazione tra i risultati di massimo livello e le prestazioni ottenute in età giovanile sono estremamente basse; senza contare i problemi legati allo sviluppo fisico. Per questi motivi, indipendentemente dalla disciplina praticata, prima dei 10-12 anni non è possibile predire “la scoperta” di un talento.

Il sistema di individuazione del talento non può avvenire nel breve termine, ma per tappe, nel corso di 3-4 anni di attività e all’interno del processo di allenamento, attraverso la raccolta sistematica di dati longitudinali (rilievi successivi nel tempo sullo stesso soggetto), confrontati, di volta in volta, con le norme di riferimento disponibili.

Questo tipo di approccio è molto importante per gli allenatori che sono molto più coscienti nel considerare il principio della individualizzazione, differenziando l’allenamento tra i diversi giovani e, attraverso la conoscenza del curriculum individuale, per poter distinguere i differenti gradi di sviluppo e quindi il talento per una data disciplina.

Le fasi che contraddistinguono l’emergenza del talento sono le seguenti:

  • Fase iniziale: In cui ci si preoccupa maggiormente di stabilire una predisposizione generale di tipo qualitativo verso la pratica sportiva; il talento in questa fase è, generalmente, in grado di ottenere prestazioni motorie superiori alla media, in quei settori di capacità per i quali c’è maggiore disponibilità sul piano costituzionale.
  • Fase intermedia: L’attenzione va puntata sui miglioramenti nello sviluppo delle capacità e, soprattutto sull’apprendimento di capacità specifiche, con particolare riguardo anche alle caratteristiche auxologiche, cioè alla differenza tra età cronologica ed età biologica.
  • Fase finale: Il riconoscimento del talento dovrebbe essere compiuto, grazie ai dati raccolti nelle fasi precedenti e alla predisposizione alla prestazione specifica della disciplina e al suo grado di apprendimento, in funzione anche del grado di incremento dei risultati di competizione.

Per concludere possiamo citare una frase di Aristotele il quale diceva: “Noi siamo ciò che facciamo costantemente. L’eccellenza quindi non è un atto ma una abitudine.”

Infatti lo sport è pieno di storie di giovani che sono stati rovinati dal loro talento (fisico e tecnico), perché hanno pensato che questo dono fosse sufficiente per avere successo e quando poi la vita li ha messi di fronte alle prove decisive loro hanno perso e sono scomparsi. Perché noi siamo ciò che facciamo quotidianamente, studio, lavoro e per gli atleti allenamento. Quindi l’eccellenza nasce dall’abitudine ad allenarsi con una dedizione pressoché totale. Chi non capisce che questa è la strada da percorrere quotidianamente crede di sopperire con il proprio talento naturale; purtroppo è solo un’illusione che alle prime asperità verrà demolita.

Articolo estratto dalla tesi di Edoardo Vanni, ‘sottoscrittore’ dell’ A.P.S. Esperti Formatori Sportivi

BIBLIOGRAFIA:

  • Reilly T., Williams A.M., Nevill A., Franks A. A multidisciplinary approach to talent identification in soccer. J. Sport Sci. 2000; 18: 695-702

Edoardo Vanni

Dottore Triennale in Scienze Motorie Sportive e della Salute (L-22). Dottore Magistrale in Scienze Motorie.

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