“Universo del Corpo” di Pier Paolo Mariani
Il termine cinesiterapia indica un complesso di metodiche che ha per base l’esecuzione di movimenti, attivi o passivi, che sono diretti ad agevolare il ripristino della normale funzione muscolare, della mobilità articolare e della funzione propriocettiva. Si distinguono essenzialmente due forme di cinesiterapia: passiva e attiva.
a) Cinesiterapia passiva. Il movimento di un arto o di un suo segmento è ottenuto per mezzo di una spinta esterna, che può essere manuale se esplicata dal terapista oppure meccanica. La cinesiterapia passiva mira a evitare la formazione di tessuto cicatriziale endo- e periarticolare, di fibrosi muscolari e di retrazioni tendinee, conservando la funzionalità articolare allorché il movimento attivo sia reso impossibile. La cinesiterapia passiva effettuata direttamente dal fisioterapista è una metodica attualmente caduta in disuso perché spesso causa di marcati peggioramenti. Il dolore suscitato da una mobilizzazione passiva è infatti tale da impedire un corretto rilasciamento muscolare da parte del paziente e rende impossibile il proseguimento della cura. Analogamente non vengono più utilizzate le metodiche di cinesiterapia passiva effettuate in narcosi, che, se da una parte sono in grado di rompere le aderenze intrarticolari, sono altresì responsabili di lacerazioni muscolari, tendinee, legamentose e in alcuni casi di fratture ossee. La cinesiterapia passiva in narcosi è oggi sostituita da interventi di artrolisi artroscopica, i quali per la loro scarsa morbilità consentono di rimuovere le aderenze con minor dolore postoperatorio e minor incidenza di recidive. La cinesiterapia passiva è attualmente eseguita tramite particolari macchinari in cui la velocità e l’ampiezza del movimento sono regolate direttamente dal paziente stesso: l’impiego di tali macchinari è utile soprattutto nella prevenzione, più che nel trattamento, delle rigidità articolari conseguenti a traumi, interventi chirurgici o causate da processi infiammatori. La cinesiterapia passiva eseguita con i macchinari esplica effetti sul muscolo, prevenendo l’ipotrofia da non uso, sul sistema venoso, potenziando la sua azione di pompa, e infine sul sistema nervoso, incrementando la sensibilità propriocettiva.
b) Cinesiterapia attiva. La cinesiterapia attiva sfrutta le contrazioni muscolari del paziente per il recupero della forza muscolare e dell’articolarità. Gli esercizi possono essere liberi, assistiti o contro resistenza. Per quanto riguarda il tipo di contrazione muscolare da utilizzare nella cinesiterapia attiva si possono distinguere: contrazioni isotoniche eccentriche, che consistono in movimenti eseguiti contro la resistenza opposta dal muscolo antagonista (per es. estensione del quadricipite femorale contro la resistenza dei muscoli flessori); contrazioni isotoniche concentriche, nelle quali la contrazione muscolare provoca il movimento articolare con avvicinamento delle rispettive inserzioni tendinee; contrazioni isometriche, nelle quali l’accorciamento delle fibre muscolari dà luogo a un movimento e la distanza delle inserzioni muscolari non si modifica; contrazioni isocinetiche, che sono invece particolari contrazioni nelle quali l’esercizio è compiuto a velocità angolare costante lungo tutto l’arco di movimento. Gli esercizi isometrici sono molto utilizzati in riabilitazione al fine di evitare l’ipotrofia muscolare da non uso, perché possono essere attuati anche durante l’immobilizzazione in apparecchio gessato. Gli esercizi isotonici più frequentemente utilizzati sono quelli concentrici, nei quali le diverse macchine di potenziamento o attrezzi, come bilancieri o altri, consentono di variare in progressione il grado di resistenza. L’esercizio attivo determina modificazioni del muscolo, migliorandone la forza e la resistenza, incrementando inoltre il circolo arterioso e venoso e infine sviluppando il sistema neurofisiologico alla base della contrazione stessa. È intuitivo pertanto come la cinesiterapia attiva rappresenti la base imprescindibile di qualsiasi programma riabilitativo. Le modalità e la progressione degli esercizi attivi sfuggono a una schematizzazione, essendo molteplici e variando in funzione delle condizioni cliniche generali del paziente e locali dell’arto da rieducare. Una particolare forma di cinesiterapia è quella rappresentata dalla metodica di facilitazione neuromuscolare che, attraverso lo stimolo o l’inibizione di recettori periferici, favorisce l’attività centrale. Sono numerose le tecniche proposte per l’attuazione pratica di questi principi, e tra queste la più usata nelle malattie del neurone centrale e periferico è la metodica di Kabat, mentre nel trattamento delle lesioni motrici centrali trova indicazione il metodo di Bobath. Entrambi i metodi sfruttano l’azione della stimolazione propriocettiva di un muscolo, parte integrante di un determinato schema motorio, per es. l’estensione di un braccio, rendendo in tal modo più facile la contrazione di altri muscoli appartenenti allo stesso schema motorio. Sempre più utilizzata è l’idrocinesiterapia, cioè la cinesiterapia effettuata in piscina. Nell’acqua la riduzione del carico gravitario consente di indurre sollecitazioni funzionali progressivamente maggiori senza sviluppo del dolore. Il lavoro in acqua può essere eseguito già a partire dalle prime fasi riabilitative allo scopo di mantenere le condizioni organiche cardiocircolatorie.
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“SOCIO SPECIALISTA” Dott. Michele Di Pillo
BIBLIOGRAFIA:
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- F.J. Kottke et al., Krusen’s handbook of physical medicine and rehabilitation, Philadelphia, Saunders, 19904 (trad. it., Roma, Verduci, 1990).
- M. Moselli, Elementi di fisioterapia pratica, Torino, Minerva Medica, 1979.
- M. Pizzetti, i. caruso, Compendio di medicina riabilitativa, Roma, Edizioni Mediche Scientifiche Internazionali, 1982.
- W. Prentice, Rehabilitation techniques in sports medicine, St. Louis (MO), Mosby, 1994.
SITOGRAFIA:
- http://www.cimformacion.com/blog/salud-y-bienestar/cinesiterapia-terapia-a-traves-del-movimiento/attachment/cinesiterapia-kinesioterapia-6-cim-formacion/
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